Foto di una diatomea nella sua forma teratologica eseguita tramite il microscopio elettronico a scansione. Si noti come la morfologia dell’alga risulta essere completamente deformata, rendendo difficile il riconoscimento anche a livello di genere
Una diatomea teratologica fotografata al microscopio elettronico a scansione

Il significato ecologico delle forme teratologiche delle diatomee bentoniche fluviali

Questo progetto nasce nel 2007 nell’ambito di una tesi di dottorato condotta in collaborazione con il Centro LIST del Lussemburgo e finalizzata a comprendere il significato ecologico delle alterazioni morfologiche delle diatomee bentoniche fluviali e il loro potenziale utilizzo nell’ambito del monitoraggio. Uno dei risultati principali di questa ricerca è stata la pubblicazione, nel 2009, di una revisione bibliografica omnicomprensiva sull’argomento, che ha portato alla comprensione dei meccanismi coinvolti nella produzione delle deformazioni morfologiche delle diatomee e della loro relazione con stress ambientali di varia natura.

Visto il crescente interesse nell’ambito della comunità scientifica in merito a questo argomento, nel 2021 il gruppo ALPSTREAM ha integrato le informazioni contenute nella vecchia revisione pubblicando un aggiornamento di questa stessa. Per questa ricerca sono stati analizzati più di 400 articoli scientifici. Le forme teratologiche delle diatomee si sono rivelate biomarker sensibili ed affidabili dello stress ambientale, in particolare quello dovuto alla contaminazione da metalli pesanti, ma anche della presenza di inquinanti emergenti. In questa pubblicazione i ricercatori del gruppo ALPSTREAM hanno inoltre proposto un protocollo per l’analisi e l’interpretazione dei dati di comunità di diatomee in cui si riscontri una significativa percentuale di forme teratologiche.

Screenshot della prima pagina dell’articolo “Looking back, looking forward: a review of the new literature on diatom teratological forms (2010–2020)” di Elisa Falasco, Luc Ector, Carlos E. Wetzel, Guido Badino e Francesca Bona, pubblicato sulla rivista “Hydrobiologia”
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Ultimo aggiornamento: 08/03/2022 15:53