Quanta plastica possono mangiare gli animali?
L’inquinamento da plastiche abbandonate nei corpi idrici e nell’ambiente naturale, oltre che essere uno sgradevole fenomeno estetico e paesaggistico, rischia di “alterare il flusso di energia e nutrienti attraverso i singoli organismi e attraverso le reti ecologiche”.
Per comprendere questi processi, è necessario “quantificare l’ingestione di plastica primaria a livello globale, e di conseguenza la diffusione della plastica attraverso le reti alimentari”.
Queste affermazioni sono contenute in un recente studio condotto dal Water Research Institute e dalla School of Mathematics dell’Università di Cardiff.
Ebbene si, gli animali, soprattutto gli organismi acquatici, tanto delle acque dolci che di quelle marine, ingeriscono la plastica presente nell’ambiente e questo fenomeno può avere ripercussioni importanti a livello delle catene trofiche.
Lo studio si è posto l’obiettivo di definire una relazione allometrica tra le dimensioni degli animali e le dimensioni della plastica che viene ingerita, grazie a 2.000 analisi su mammiferi, rettili, pesci e invertebrati, dai pesci lunghi 9 mm, ai cetacei di 10 metri, al fine di trovare un metodo per prevedere le dimensioni dei rifiuti in plastica che possono essere ingeriti dai diversi animali.
L’ingestione delle materie plastiche avviene già negli organismi che popolano fiumi e torrenti d’acqua dolce per poi proseguire nelle acque di mari e oceani. Infatti più di 690 specie marine e 50 specie d’acqua dolce ingeriscono la plastica con effetti e conseguenze evidenti dovuti alla tossicità dei materiali ingeriti.
Le materie plastiche, quando finiscono in mare, sono una spugna per le sostanze chimiche costituite dagli inquinanti già presenti nell’ambiente, quali mercurio, bifenili policlorurati (Pcb) e diossine. Quando la plastica interagisce con i succhi nello stomaco, i prodotti chimici fuoriescono dalla plastica e vengono trasferiti nel sangue o nei tessuti. I pesci con la dieta contenente plastica marina avevano anche più probabilità di avere tumori e problemi al fegato (Fonte: Chelsea Rochman, School of Veterinary Medicine dell’Università di California). Le sostanze chimiche risalgono lungo la catena alimentare, accumulandosi via via nei predatori ed arrivando fino all’uomo.
Lo studio pubblicato su Nature Communications è riuscito a stabilire una relazione tra le dimensioni degli animali e quelle dei frammenti di plastica ingeriti stabilendo un rapporto di 20:1, ovvero mediamente i frammenti di plastica sono grandi il 5% delle dimensioni dell’animale.
Ma da cosa è costituita la plastica presa in esame? I campioni di plastica studiati includono tutti i tipi di materiali, dai tubi flessibili trovati in un capodoglio, ai sacchetti recuperati nel corpo delle tartarughe.
L’importanza di questo studio, secondo i ricercatori, risiede nel fatto di riuscire a definire meglio l’entità del problema dell’inquinamento da rifiuti di plastica, attraverso l’analisi dell’alimentazione degli animali in natura di cui poco si conosce allo stato attuale.
Il Parco del Monviso nel tentativo di individuare delle soluzioni al problema dell’inquinamento da plastica nei corpi idrici delle proprie Riserve, ha recentemente sperimentato un dispositivo ideato da Fabio Santo, Guardiaparco ed Ingegnere Ambientale, che mira a catturare una parte consistente dei rifiuti plastici fluitati da un canale irriguo verso il fiume Po. Il progetto, che sarà anche al centro di iniziative didattiche e di sensibilizzazione, vedrà come protagoniste le scuole dei Comuni del Parco nel prossimo anno scolastico.
"Per ora il meccanismo di raccolta – spiega Fabio Santo – è del tutto manuale ed affidato all'intervento di un operatore almeno una volta la settimana per il recupero dei rifiuti e la pulizia delle maglie filtranti dalle erbe. Questo dispositivo è stato realizzato completamente in economia con una spesa di poche decine di euro di materiali ed il lavoro di operai e Guardiaparco. Tuttavia é già stata individuata, a livello di idea di pre-fattibilità, una soluzione che potrebbe essere facilmente automatizzata che potrebbe vedere davvero una sinergia importante tra i vari Enti che lavorano sul territorio, restituendo allo stesso un segno tangibile delle azioni che si possono compiere nell’ambito della Riserva della Biosfera MAB-Unesco del Monviso".
Ricerca svolta da Fabio Santo - Fonti: www.rinnovabili.it, www.greenreport.it.
Nell'immagine di testata: un airone ha "pescato" un pesce in un sacchetto di plastica. La foto è di Andrea Westmoreland che ha raccontato la scena: "Un pesce nuotava in un sacchetto di plastica riempito d'acqua nello stagno. Il movimento del pesce nella borsa attirò l'attenzione dell'airone e in un attimo colpì il pesce con il becco. Ero dall'altra parte dell'acqua dall'airone quando questo è successo. Feci il giro della curva dello stagno per vedere cosa avrei potuto fare di fronte a questa terribile situazione." cc-by-sa-2.0