280 milioni di tonnellate di plastica
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Negli anni tra il 1930 e il 2010 la produzione mondiale di plastica è passata da 1,5 milioni di tonnellate a oltre 280 milioni di tonnellate (con una crescita del 38 per cento negli ultimi 10 anni). La conseguenza è ovvia: più plastica viene utilizzata, più ne viene buttata, direttamente o indirettamente, soprattutto nei mari: almeno otto milioni di tonnellate l’anno, secondo Greenpeace.
Un recente rapporto dell’EPA (Environmental Protection Agency) illustra come la presenza di plastiche nei rifiuti sia passata dal 2% degli anni Sessanta al 13% odierno.
A livello locale i dati ufficiali ci dicono che nella sola Regione Piemonte nell'anno 2018 sono state prodotte 129.963,970 tonnellate di rifiuti di plastica (Fonte: Ispra - Catasto Nazionale Rifiuti), di cui 18.047 t nella Provincia di Cuneo.
Di questo quantitativo, una parte ancora cospicua sfugge ai meccanismi di raccolta, riciclaggio e smaltimento per finire in natura, contaminando con un vistoso fenomeno d’inquinamento boschi, corsi d’acqua e mari.
Le plastiche abbandonate in natura e soggette all'azione degli agenti atmosferici, nonché fisico-meccanici, finiscono inevitabilmente per sciogliersi in frammenti più piccoli che danno origine alle cosiddette microplastiche, la cui presenza nei sistemi biotici sta diventando sempre più elevata.
Una volta in mare queste sostanze vengono ingerite dalla fauna, arrivando addirittura a modificare la catena alimentare. Il 15-20 per cento delle specie marine che finiscono sulle nostre tavole contengono microplastiche, secondo l’Ispra. Il rischio è, dunque, anche per gli esseri umani: gli inquinanti rilasciati dalle microplastiche possono essere ingeriti e finire nel nostro organismo. Tali inquinanti possono interferire con il sistema endocrino umano fino a produrre alterazioni genetiche.
testi e foto di testata: gp Fabio Santo