Il grande fiume
Fin dalle scuole elementari tutti sappiamo che il Po è il maggior fiume tra quelli italiani. E lo è sia per la lunghezza (652 km) sia per l'ampiezza del suo bacino idrografico (74.970 km2), come pure per l'entità della portata.
Il Po nasce ai piedi del Monviso, convenzionalmente a Pian del Re (2.020m) che come un grande catino raccoglie le acque che scendono in piccoli rii da laghi, da nevai,ghiacciai relitti, pareti rocciose impervie e vellutati pascoli, dando origine così al Grande fiume.
Soltanto 13 chilometri separano le sue sorgenti dalla pianura, in questo tratto corre e salta di masso in masso quasi avesse fretta, l’elevata pendenza e la forte corrente conferiscono al tratto iniziale del Po una grande capacità di erosione e di trasporto di detriti; il letto è caratterizzato da massi e rocce affioranti, cascate e buche, pozze, raschi e salti, temperature e portate basse, habitat ideale per la Trota fario, lo Scazzone e alcuni Macroinvertebrati tra cui Plecotteri, Efemenotteri Tricotteri (i famosi “portasass”).
Con l’arrivo in pianura all’altezza di Revello diminuiscono la pendenza, la velocità della corrente e conseguentemente la granulometria del fondo: il letto ora è formato da sassi e ciottoli.
Con il procedere più lento aumentano man mano la portata e l’ampiezza del letto, grazie anche all’immissione di importanti affluenti, e, in condizioni normali, diminuisce notevolmente la capacità erosiva e di trasporto: il letto è quindi formato da sabbia e limo. Diminuisce anche la limpidezza dell’acqua a causa delle sostanze in soluzione e di una grande presenza di detrito organico fine, alimento principale della comunità macrobentonica di questo tratto.
Nel suo procedere spariscono gli organismi legati alla presenza di acque ossigenate e fredde, lasciando spazio a specie che amano correnti moderate, acque profonde e ricche di sostanze in soluzione come i Ciprinidi (Barbo, Savetta, Vairone, Sanguinerola,…) mentre tra i macroinvertebrati spopolano i Gammaridi e i Ditteri.
Le varie tipologie ambientali che si susseguano dalla sorgente alla pianura impongono geniali adattamenti ai suoi abitanti: compaiono ventose e corpi appiattiti per rimanere attaccati al fondo e non essere trasportati a valle, complicate strutture boccali per predare o filtrare le sostanze nutritive trasportate dall’acqua, uccelli che volano sopra e sotto l’acqua o scavano gallerie nelle sponde erose e costruiscono nidi dalle fogge più diverse, zampe che si allungano e becchi che si specializzano per sondare il cibo nei fondi fangosi, animali che in ambienti ripariali scelgono di vivere parte della loro vita in acqua e parte sulla terra ferma.
Il fiume non è un sistema chiuso ma un sistema complesso e continuo dalla sorgente alla foce, molto simile ad un organismo, che si trasforma e modifica nel tempo, non solo la propria conformazione e le caratteristiche intrinseche, ma anche il paesaggio intorno ad esso.
Gli spazi soggetti all’azione del fiume variano costantemente nel tempo le loro caratteristiche ambientali, si passa velocemente da ghiaioni a lanche, da bosco maturo a scarpata ripida di sabbia, da area cespugliata soggetta a frequenti inondazioni a bosco di transizione. Queste variazioni comportano nel tempo una diversificazione nelle presenze faunistiche.
Emerge con chiarezza da tutto questo che impedire totalmente le divagazioni del fiume, comporta conseguenze su tutta la vita che ne è caratteristica. La rettificazione di un corso d’acqua, la sua eccessiva semplificazione con ricorso massiccio a scogliere, argini e sbarramenti, nega l’esistenza della vita del fiume e vibra un colpo durissimo alla biodiversità. Senza contare che è sempre piuttosto pericoloso, per il mammifero Uomo, insediarsi negli areali dei pesci, degli anfibi e dei limicoli…