
Storie di biodiversità in cammino
Biodiversità: conosciamo tutti il significato di questa parola, intesa come ricchezza di vita sulla terra o meglio, applicando una lente, la varietà degli organismi legati ad un territorio. Il concetto di biodiversità quindi, avendo introdotto nella sua definizione anche il rapporto con il territorio, si amplia a includere non solo gli organismi viventi ma anche le interazioni tra loro e le diverse componenti del sistema che li ospita. In altre parole, all’interno degli ecosistemi convivono e interagiscono fra loro sia gli esseri viventi sia le componenti fisiche ed inorganiche, influenzandosi reciprocamente.
Parlando di varietà di organismi si supera inoltre il concetto di “specie”, andando a considerare anche la diversità genetica all’interno di una determinata specie, quelle caratteristiche cioè che rendono speciale ogni essere vivente e che sono il motore dell’evoluzione. E qui aggiungiamo un altro tassello, quello dell’“evoluzione”: un concetto che implica movimento, variazione nel tempo, adattamento, lotta per la sopravvivenza… insomma il percorso della vita sulla Terra. Ecco qui che la parola “biodiversità” ha assunto un significato più complesso e dinamico.
L’Ente di Gestione delle Aree protette del Monviso sta misurando da tempo la complessa biodiversità del suo territorio, soprattutto delle specie per cui ha responsabilità di conservazione date dalle Direttive europee Habitat e Uccelli: lo fa attraverso monitoraggi specifici o con le osservazioni dei professionisti della natura. I dati raccolti possono essere visionati e implementati da tutti sul Portale iNaturalist: attraverso il Progetto Aree Protette del Monviso, ad oggi sono stati raccolti 33.334 dati suddivisi su 2.494 specie.
C’è chi arriva da lontano, in maggior parte specie alloctone che sostituiscono specie autoctone, soprattutto specie vegetali (Elodea nuttallii, specie acquatica altamente invasiva, la zucca matta...) e ittiche (siluro, misgurno...) e chi non riesce a spostarsi più di tanto e subisce, finché riesce, i cambiamenti climatici come la salamandra di Lanza, l’anfibio endemico del massiccio del Monviso super adattata alla vita in quota, o la rana di Lataste, che in pianura è strettamente legata alla sporadica presenza di foreste mature planiziali con ambienti umidi, sempre più rare… oppure nuove presenze come la Civetta nana, segnalata nel Bosco dell’Alevè, o il miniottero, pipistrello termofilo che da qualche anno sverna nella Grotta di Rio Martino.
Una recente indagine ha inoltre confermato presenza della trota del ceppo mediterraneo nei nostri torrenti alpini, nonostante il suo patrimonio genetico sia stato intaccato dall’immissione a scopo alieutico della trota fario atlantica: un fattore che rappresenta una nuova sfida di conservazione.
Scopriamo poi che nel Parco Naturale del Monviso vivono specie definite “relitti glaciali”, specie cioè che, durante le glaciazioni del Quaternario (da 800.000 a 10.000 anni fa), partendo dall’emisfero boreale hanno seguito il propagarsi dei ghiacci verso sud fino a trovare zone di rifugio sulle Alpi, dove poi sono rimaste. Stiamo parlando di specie animali e vegetali in cammino per trovare nuovi territori, con idonee caratteristiche, in cui stabilirsi a seguito di importanti cambiamenti globali: si pensi alla lepre variabile e alla pernice bianca che ora vivono sulle nostre Alpi ma il cui habitat oggi viene messo in pericolo dal riscaldamento globale. Quale sarà il loro futuro? Riusciranno ad adattarsi ai veloci cambiamenti climatici che stanno colpendo in particolar modo le Alpi? Le nostre Alpi, in cui la neve sta scarseggiando sempre più, riusciranno ancora a dare rifugio a specie che per sfuggire ai predatori hanno scelto di vestirsi di bianco durante l’inverno?
Monitorare le specie attraverso conteggi e appositi studi servirà proprio a valutare quali potranno essere gli scenari futuri della flora e della fauna sui nostri territori, se e quali specie riusciranno ad adattarsi o se dovremo salutarne altre, contando che l’attuale tasso di estinzione delle specie è sino a 1000 volte superiore di quanto lo sia mai stato negli ultimi 10 milioni di anni, in altri termini, siamo nel mezzo di un’estinzione di massa…
Leggete cosa scriveva sul finire del 2022 Lisa Signorile nel suo blog L’orologiaio Miope:
In 50 anni, dal 1970 al 2020 circa:
• la biomassa dei mammiferi selvatici è diminuita del 82%
• l’area occupata dagli ecosistemi naturali è diminuita del 47%
• l’abbondanza delle specie nelle comunità terrestri è diminuita del 23%
• il 69% delle popolazioni animali è scomparso in 50 anni
• Le popolazioni di specie di acqua dolce sono diminuite dell'83%
Circa un milione di specie è a rischio di estinzione, e non sappiamo neanche quante specie ci siano esattamente. Tra queste, su 142.577 specie censite dalla IUCN, sono a rischio:
• il 63% delle piante cicadee
• il 41% degli anfibi
• il 37% degli squali
• il 34% delle conifere
• il 33% dei coralli di barriera
• il 28% dei crostacei
• il 26% dei mammiferi
• il 21% dei rettili
• il 13% degli uccelli
In Italia si stima ci siano tra 57.000 e 67.000 specie, tra animali e piante, il 43% delle specie presenti in Europa e il 4% delle specie totali, circa. Di queste ne sono state censite in termini di abbondanza 2.059. Di queste 2.059 specie 3 sono già estinte, 388 (quasi il 20%) sono a rischio, e tra queste ben 54 sono a rischio critico di estinzione, cioè ne restano pochissimi esemplari.
Anche alla luce di questi dati, la conoscenza delle specie dell’Egap Monviso, in montagna e in pianura, continua e sarà sempre più importante per capire se riusciranno ad adattarsi ai cambiamenti climatici in corso e se sarà necessario in certi casi aiutarle, migliorando il loro habitat o valutando attentamente interventi e progetti sul territorio, per riuscire a fare in modo che gli ambienti naturali con i loro abitanti continuino a portare bellezza e stupore intorno a noi, oltre che a fornire importanti servizi ecosistemici utili e indispensabili.
Testo di Anna Gaggino