I sirfidi del Bosco del Merlino
Nel 2019 una ricerca su campo condotta dal Dr. Umberto Maritano ha avuto come oggetto la comunità dei Sirfidi presenti nella ZSC IT1160010 “Bosco del Merlino”. La raccolta dei dati e la minuziosa analisi degli esemplari catturati ha permesso di applicare un modello di valutazione che attribuisce ai sirfidi la “qualifica” di bioindicatori della qualità dell’ambiente e di poterne trarre strategie di gestione del sito per migliorarne la biodiversità presente.
L’articolo scientifico derivato dallo studio ha vinto il prestigioso Premio Giovanni Binaghi, giunto alla XXXIII edizione e bandito dalla Società Entomologica Italiana. L’autore, il Dott. Umberto Maritano, sarà premiato in occasione XXVI Congresso Nazionale di Entomologia che si terrà a Torino a giugno 2021. In tale occasione verrà presentato anche un Poster sulla ricerca svolta al Bosco del Merlino.
Riportiamo una sintesi dell'articolo per conoscere meglio questa specie di insetti.
I Ditteri Sirfidi (Syrphidae) sono una famiglia di mosche, di dimensioni variabili e comprese tra i 4 ed i 25 mm, spesso presentano colorazioni intense su addome e torace con pattern che vanno dalla classica alternanza di chiazze giallo/nero fino alla presenza di lunghi peli marroni, biancastri o rossastri.
I sirfidi attuano una forma di mimetismo detto batesiano, ovvero assomigliano dal punto di vista morfologico, cromatico o comportamentale a degli organismi velenosi, pur essendo totalmente innocui. In questo caso mimano imenotteri (api, vespe, bombi), al fine di ingannare e tenere lontani i loro potenziali predatori (uccelli).
Molte specie sono comuni ed ubiquitarie, le possiamo trovare anche nei giardini di casa, ferme in volo a mezz’aria, comportamento conosciuto come “Hovering” da cui il nome comune in inglese associato a questi insetti “Hoverfly”.
Altre specie invece sono rare, perché hanno larve che si sviluppano in microhabitat particolari e vulnerabili come, ad esempio, le cavità delle piante senescenti. Inoltre, i sirfidi sono degli insetti estremamente utili, sono tra i principali impollinatori negli ambienti naturali, quindi svolgono un servizio ecosistemico fondamentale per la sopravvivenza di moltissime piante ed animali, tra i quali anche la nostra specie.
I Sirfidi sono riconosciuti dalla comunità scientifica internazionale come ottimi organismi bioindicatori, ovvero sulla base della loro presenza/assenza in un dato Habitat possiamo ottenere informazioni sullo stato di conservazione, sulla complessità o sulla funzionalità di un ecosistema.
In pratica, si tratta quindi di rapportare le specie osservate in campo con quelle attese per l’habitat oggetto di studio; tanto maggiore sarà il risultato ottenuto, tanto migliore sarà la sua integrità ecologica e quindi tale habitat si potrà definire come ben conservato. In caso contrario possiamo comunque definire con precisione quali microhabitat sono buoni e quali invece carenti, fornendo così degli strumenti fondamentali all’ente gestore, che consentiranno di programmare i migliori interventi in termini di conservazione o ripristino ambientale.
Le attività di campo si sono svolte da marzo ad ottobre 2019, con l’utilizzo di trappole Malaise e transetti a retino entomologico. In tutto sono state censite 61 specie di Sirfidi, tutte nuove per il Bosco del Merlino in quanto prima non esistevano dati per questo taxon.
Tre specie sono segnalate per la prima volta in Piemonte e una è nuova segnalazione per il Nord Italia. Tre specie sono minacciate a livello europeo: Ferdinandea ruficornis, Mallota fuciformis e Spilomyia manicata. Queste ultime sono tutte specie saproxiliche, legate al legno deperente e richiedono attente misure di conservazione.
L’applicazione di Syrph the Net, database sviluppato per poter applicare i sirfidi come bioindicatori, evidenza delle carenze nella complessità ecosistemica della Riserva Naturale del Bosco del Merlino. In dettaglio sono sottorappresentate quelle specie che hanno larve fitofaghe o detritivore mentre le saproxiliche sono rappresentate da una comunità ben strutturata.
In conclusione, si consiglia di ridurre la pressione dell’agricoltura intensiva nelle aree di ecotono al fine di favorire sia le specie fitofaghe sia le fioriture tradizionali delle radure, le quali rappresentano anche una fonte di sostentamento per gli adulti delle specie legate alla necromassa.
La ricerca completa è stata pubblicata sulla rivista scientifica internazionale Biodiversity Data Journal e liberamente scaricabile al seguente link .