News del 24/04/2008

Sentiero di Pellegrini.

Pian Melzè, meglio conosciuto come Pian della Regina - ma il toponimo esatto è Pian Melzè, che in occitano significa Piano dei Larici - è la porta verso l’alta Valle del Po.
Un bellissimo sentiero congiunge Pian Melzè a Pian del Re, dove sgorgano le acque del Po. Si percorre un circa un’ora, per disporre del tempo necessario ad ammirare un paesaggio affascinante. E’ il sentiero di quanti, per piacere proprio e per rispetto alla bellezza dei luoghi, scelgono di lasciare l’auto e raggiungere a piedi le sorgenti, quasi per rito, come fosse un pellegrinaggio.
Dopo Pian Melzè, superato il convento dei frati che anticamente offriva assistenza ai viaggiatori – il sentiero è parte della Via del Sale che nel Medio Evo collegava il Marchesato di Saluzzo alla Francia – sulla sinistra vi è una cascata, non molto alta, ma bellissima perché larga e frastagliata e, soprattutto, posta sotto la figura del Monviso. Quando sciolgono le nevi, quasi non c’è discontinuità tra il bianco dell’acqua spumeggiante e il candore della montagna.
Poi il sentiero si inerpica un po’ e lentamente, in lontananza, si comincia a intravedere un’altra cascata, altissima, che, d’un sol fiato, porta il Po appena nato a fuggire quasi volando da Pian del Re.
Tra le due cascate c’è una piccola pianura adagiata al fondo della stretta valle. Tutti la vedono, pochi ne conoscono il nome, quasi nessuno s’avvia a visitarla. E’ Pian Fiorenza, allungato tra la grande cascata e il primo affluente del Po, sulla destra: il Rio del Vallone dei Quarti.
Questa terra che tutti vedono e a cui pochi dedicano attenzione, è meravigliosa. La ricchezza di fiori che la caratterizza è incredibile: alcune specie del Parco crescono soltanto lì. Ma è l’insieme a colpire il visitatore: delle piante e degli animali, di quelli più piccoli, cavallette, farfalle di tante specie, insetti poco appariscenti, ma che tutti assieme danno vita a un angolo d’incanto. Il sole è generoso con Pian Fiorenza, e la corona di rocce che lo circonda lo difende dal freddo, così che quella terra è particolarmente accogliente, sia quando morde il gelo, sia quando è il caldo a farla da padrone, perché l’aria fresca generata dalle acque addolcisce il calore, piegandolo a dolce tepore. L’erba è fine, profumata, più un tappeto che un prato; accarezza il piede che l’attraversa e attutisce i suoni, per non disturbare: è merito dell’acqua: rende tutto più soffice e gradevole.
Il paesaggio, in tanta meraviglia, ammalia. Vista dall’alto la piccola pianura sembra un ricamo. A causa della pendenza limitata le acque indugiano, non corrono a rotta di collo, e hanno il tempo di scavare nella terra percorsi singolari e belli: persino un’isola riescono a formare, una zolla verde con cornice d’azzurro d’acqua. Le fa compagnia un enorme masso, simile a un gigantesco altare, caduto là in basso in chissà quale tempo.
Sono tanti i massi caduti dalla montagna a popolare di forme bizzarre il piccolo prato. Dall’alto quasi non si notano, li schiaccia e li nasconde la prospettiva: soltanto quando s’abbassa il sole le ombre ne denunciano la presenza. Dalla piccola piana invece si vedono bene i massi sparsi, numerosi ma discreti, figure mute a segnare con indifferenza il tempo. Sembrano dignitari di corte del Grande Masso che tutto e tutti sovrasta. E tutti assieme danno alla terra di Pian Fiorenza un’anima speciale, un’immagine di sogno, di magia quando il caldo spinge al colore i fiori, e lunare quando è il freddo a fermare tutto in una morsa determinata e muta: là in basso i suoni giungono poco, soltanto l’acqua canta giorno e notte.
E’ lei, l’acqua, la vera sovrana: non il Grande masso, e nemmeno i suoi cortigiani, non i fiori e nemmeno gli indaffarati insetti e le farfalle colorate. L’acqua regna a Pian Fiorenza, l’acqua che in quel luogo è così bella per celebrare il Po appena nato.
Se non ci fosse l’acqua, se per qualche malvagio sortilegio dovesse morirvi il Po, fuggirebbe l’anima di Pian Fiorenza, se ne perderebbe lo spirito, e anche il nome bello. Morirebbe tutto, sarebbe deserto con soltanto ombre tristi, niente erba e soltanto suolo secco; sarebbe deserto, di massi caduti, senza vita.
Senza acqua non sarebbe più Po, e non sarebbe più Pian Fiorenza e non sarebbe più valle, non sarebbe più nulla: non sarebbe più bello il sentiero che porta le genti in pellegrinaggio alle sorgenti.

renzo ribetto


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