dettaglio del Fort Vauban di Briançon

L'architettura

Il colpo d’occhio
Se si sale nei punti più alti delle montagne che attraversano le antiche terre degli Escartons e da lì si volge lo sguardo verso il basso si coglie l’immensità e l’armonico movimento della terra scolpita dall’acqua che, serpeggiando fra anse ed insenature, corre verso valle. Gli antichi insediamenti umani paiono quasi indistinguibili, incastonati fra le superfici pietrose dei pendii.

Ogni piccola casa è parte integrante del paesaggio e costituisce, insieme ad altre abitazioni, degli agglomerati più ampi, talvolta situati a cavallo di una sella o avvolti da anfiteatri naturali, talvolta aggrappati ai pendii o semplicemente adagiati su dei pianori. Nascono in luoghi ispirati dalla natura ed originariamente dettati da favorevoli condizioni climatiche, quali una buona esposizione al sole o di riparo dai venti, altre volte finalizzati ad una miglior sorveglianza e protezione, altre volte ancora alla vicinanza di una fonte di vita, quale l’acqua.

I borghi
Anticamente ognuno di questi borghi vantava una forma di autosufficienza rispetto alle esigenze primarie del vivere comune. Un forno, un lavatoio, un punto di rimando spirituale e spesso anche un mulino erano delle costanti certe e presenti. L’aggregazione fra le dimore alpine era certamente un vantaggio. Vivere in una comunità permetteva di poter contare sulla presenza degli altri per compiere opere che da soli sarebbero state impossibili, quale ad esempio l’edificazione di un’abitazione. All’opera prendevano parte improvvisati muratori fra cui v’erano gli stessi futuri fruitori della dimora stessa ed altri preziosi collaboratori che, attraverso tale contributo, si aggiudicavano il diritto a pretendere lo stesso servizio quando se ne fosse presentata l’esigenza.

La rueido* era il nome che veniva dato a tale particolare forma di cooperazione in quella consuetudine a compiere dei lavori insieme. Rientrava in questa dinamica anche la manutenzione delle strutture societarie di uno stesso borgo quali strade, forni, etc. Le abitazioni isolate erano rare, spesso limitate alle terre d’alta quota ove le costruzioni fungevano più che altro da “contenitori temporanei”, esempi ne sono le “meire del fen” (case del fieno) o ancora i ricoveri dei pastori, dei malgari che durante i mesi estivi si recavano fin lassù a sorvegliare il bestiame al pascolo.

La scelta del luogo ove costruire una nuova abitazione avveniva quindi tenendo conto sempre e comunque di una buona esposizione e, se possibile, di un risparmio di fatica e di materiali, normalmente ponendosi in adiacenza a costruzioni già esistenti e spesso in aree residuali di modo da non sottrarre preziose superfici coltivabili o di pascolo agli animali. Ecco spiegata la presenza di meire costruite interamente od in parte su grandi balme di pietra, le quali erano quindi base della dimora stessa, o in alternativa, parte della copertura ed in ogni caso permettevano di utilizzare una porzione di terreno che a nient’altro sarebbe potuta servire, essendo come tale sterile ed incoltivabile. Una volta vagliato il luogo, si iniziava a reperire il materiale utile alla sua edificazione.

La scelta dei materiali
Nelle aree più povere di arbusti (Escartons di Casteldelfino e Pragelato) i muri venivano realizzati interamente in pietra ed in tal senso avveniva una selezione per cui i massi più lunghi e resistenti venivano messi da parte per essere destinati alle parti d’angolo, così da render la struttura più solida. Le superfici murarie erano tendenzialmente a vista per le parti del fabbricato che avevano bisogno di essere più asciutte e perennemente ventilate quali i fienili o in generale gli essiccatoi di graniglie. Le stalle e le porzioni abitate, invece, erano spesso intonacate, al fine di trattenere il caldo all’interno. Le zone più provviste di alberi (Escarton di Oulx) sono state caratterizzate dalla presenza di abitazioni i cui muri erano misti. Si usava la pietra per i piani bassi mentre quelli superiori, adibiti a fienili, erano costituiti di pareti semplici di legno.

Nelle terre degli Escarton si possono trovare due sostanziali tipologie di pareti in legno. La prima utilizza travetti sovrapposti orizzontalmente e bloccati nei punti d’angolo attraverso il sistema a Blockbau, (soprattutto nel Queyras e qualche caso in Alta Val Susa). La seconda, molto più semplice, è costituita di assiti inseriti in montanti angolari (molto diffuso in Alta Val Susa). Nel Queyras si trovano delle tipologie di muratura mista del tipo a colombage, in cui si usano controventature in legno per la struttura e pietrisco misto a malta di calce per il tamponamento. Sulle superfici murarie intonacate spesso si usava commissionare ad artisti di passaggio degli affreschi votivi che riportassero figure di santi cari alla famiglia.

Nella fascia più a Sud, comprendente l’Escarton di Casteldelfino, il manto di copertura era costituito esclusivamente di lose, elementi quadrati di circa 80-100 cm di lato ricavate dallo smembramento in lastre orizzontali della pietra presente sul territorio. Esse venivano posate su una travatura in legno di larice a formare quindi delle falde che spesso coprivano aree cortilizie contenute nella sagoma stessa dell’abitazione.

Questi spazi servivano a potersi spostare da un ambiente all’altro della dimora senza dover mai passare in aree scoperte, utili soprattutto nel periodo invernale. La parte di colmo posta a sbalzo sul cortile era sostenuta in molti casi da una colonna di pietre che poteva arrivare ad un’altezza pari a 12 metri. La presenza di questa colonna viene rilevata altresì in alcune abitazioni del Queyras (St. Véran).

Nella fascia più settentrionale comprendente l’Escarton di Oulx il manto di copertura è caratterizzato esclusivamente dalla presenza di scandole in legno di lunghezza sino a 1,5 m. Le scandole venivano tagliate seguendo le vene del tronco, le quali, utilizzate dall’albero per far scorrere la linfa, diventavano dei perfetti canali per far defluire l’acqua piovana.

Nella fascia centrale comprendente l’Escarton di Pragelato e quello del Queyras viene rilevata la presenza di entrambi i materiali da copertura.

Finestre (e porte) sul cielo
Le aperture servivano per la ventilazione degli ambienti ma anche per far entrare calore e luce. Gli svasi delle finestre erano perfettamente scolpiti dai raggi del sole cosicché normalmente non seguivano regole di perfezione geometrica o di forzata simmetria ma piuttosto si aprivano, si deformavano e si protendevano come a catturare anche l’ultimo fascio di luce incidente. E a supporto della forma v’era anche la cornice intonacata di bianco, talvolta semplice e squadrata e talvolta sagomata in armoniose decorazioni, la quale serviva a riflettere quanta luce arrivava in quel punto ed a moltiplicarne l’effetto luminoso all’interno.

Nelle porte e nei portoni si rivelava la maestria degli antichi ebanisti professionisti od improvvisati di quelle terre. L’anta stessa e spesso l’architrave che sorregge la porzione di muro al di sopra dell’apertura, venivano intagliati o scolpiti con figure semplici e riconducibili a rappresentazioni tipiche alpine, disegni geometrici circolari di ruote e rosoni a 6 e 8 punte. Sull’architrave spesso si trovavano delle cifre indicanti le iniziali dei proprietari della casa e dell’epoca di costruzione.

A permettere la presenza di aperture, in alternativa ad architravi di legno, si trovavano portali in blocchi monolitici di pietra, probabilmente di fattura più antica sui quali talvolta erano presenti delle parti scolpite di figure antropomorfe o di visi umani.

Affascinanti sono quelli che adornano i portali delle chiese degli Escartons del Queyras e di Casteldelfino. Meravigliosi esempi di pietre scolpite trovano luogo altresì nell’Escarton di Oulx soprattutto nei capitelli delle bifore delle case signorili e sulle colonne delle maestose fontane.

Un paesaggio che cambia
La particolare architettura che differenziava tra loro le case poste nei diversi Escartons dipendeva certamente, come sopra specificato, dalla preponderanza dei materiali reperibili nell’immediato intorno, i quali presupponevano distinte tecniche costruttive conseguenti alla consistenza ed alla loro specifica resistenza meccanica, ma contemporaneamente esisteva comunque una scelta, indipendente dalla materia, e piuttosto legata alla forma ed a linee compositive derivanti dalla tradizione, da saperi antichi tramandati da generazioni e contaminati nel tempo da influenze di popoli di passaggio o da moti migratori che portavano a conoscenza nuove tecniche e dettagli stilistici provenienti da terre più lontane.

Così, intraprendendo un viaggio fra le Terre degli Escartons, man mano che si procede si avrà la sensazione di un paesaggio che cambia ed evolve in qualcosa di nuovo che porta però con sé qualche particolarità del tratto precedente e si pone a preparazione di una nuova versione dello stesso nel tratto successivo. Una magica continuità che unisce e rafforza un legame fra luoghi che hanno avuto una storia comune ma che hanno comunque mantenuto una propria originalità nell’interpretazione espressiva della forma.

Questione di stile
In tal senso lo stile dell’Escarton del Queyras si distingue indubbiamente dagli altri per la presenza di fabbricati più articolati in cui si denota una tendenza mista fra strutture prettamente in legno, occupate da stalle e fienili e denominate “fuste”, stilisticamente più vicine alla parte francese ed all’Escarton di Oulx, ed altre completamente in pietra, adibite a residenza e depositi denominate “caset”, le quali ricordano di gran lunga lo stile presente in Val Varaita.

Le due strutture che nel versante di St. Veran sono collegate da soppalchi o balconi in legno, si trasformano, verso il Colle dell’Izoard, in imponenti loggiati in muratura che formano ordini di arcate in facciata molto raffinati e particolari. Nelle case degli Escartons di Pragelato, Oulx e Casteldelfino, invece, tutti gli ambienti sono contenuti in un unico volume che poteva avere forma completamente o parzialmente chiusa, e la maggior parte degli ambienti era destinata ad uso lavorativo o promiscuo abitativo.

Gran parte della volumetria era dedicata ai fienili ed ai depositi, (fino a 3 piani nell’Escarton di Oulx e Pragelato) i quali si trovavano sempre ai piani superiori mentre ai piani intermedi si concentravano gli angusti ambienti abitativi ridotti alla sola cucina ed ad una o più camere da letto usate soltanto nel periodo estivo, mentre nel periodo invernale si occupavano le stalle poste al piano terra. Un unico ambiente per persone ed animali riuniti in una convivenza che durava per l’intera stagione invernale.

Sotto quelle volte di pietra, tipiche delle stalle (generalmente a botte negli Escartons di Casteldelfino e Pragelato ed a crocera negli Escartons di Oulx e Queyras), si svolgevano tutte le attività di preparazione alla bella stagione. Le donne passavano il tempo al tombolo a ricamare pizzi per la dote, ma anche a rammendare e cucire, mentre gli uomini si occupavano di costruire parti di attrezzi utili al lavoro, e spesso di intagliare ed abbellire le mobilie con artistici disegni geometrici e floreali, e la sera diventava il luogo in cui vegliare e, fra racconti e canti, apprendimenti ed insegnamenti, scorreva lenta e pacifica l’esistenza di un popolo.

Ultimo aggiornamento: 12/11/2024 11:39