Al centro della foto si vede un gufo comune appoggiato ad un ramo di un albero spoglio, della cui chioma restano solo poche foglie rosse

Perché vediamo pochi gufi durante le escursioni?

Simbolo di saggezza per la loro capacità di vedere le cose nell’oscurità, tanto da essere il simbolo della dea Atena per gli antichi greci, o sinistri messaggeri nel regno dei morti per la loro capacità di volare in silenzio scomparendo nel buio, i rapaci notturni dell’ordine degli Strigiformi (gufi, civette e allocchi) hanno da sempre attirato la curiosità degli uomini.

Ancora oggi il retaggio di queste tradizioni si ritrova nelle moderne monete da un euro coniate dalla Repubblica Ellenica o nel termine dell’italiano colloquiale “gufare”.

Osservarli durante un’escursione estiva nelle aree protette del Monviso non è facile poiché, durante il giorno, questi uccelli restano immobili, difesi nei loro nascondigli da un piumaggio molto mimetico.

Durante l’inverno, invece, può capitare di imbattersi in alberi utilizzati come dormitori da numerosi esemplari di gufo comune (Asio otus). È il caso di questo esemplare fotografato a Cardé.

I gufi comuni, infatti, durante la stagione fredda, si riuniscono spesso sul medesimo albero, anche in aree urbanizzate, probabilmente al fine di assicurarsi una protezione reciproca e, solamente al calar della notte, prendono il volo per cacciare piccoli roditori, talpe, uccelli e insetti.

I gufi non possono muovere gli occhi, in compenso riescono a ruotare la testa di ben 270°, riuscendo ad intercettare le prede grazie anche ad un udito molto sviluppato.

Un altro rappresentante degli Strigiformi, che si può osservare anche vicino alle nostre case è la civetta (Athene noctua), più piccola e priva dei caratteristici ciuffi di penne auricolari che invece caratterizzano i gufi.

Se osservate un rapace notturno, vi invitiamo a condividere le vostre osservazioni sul nostro progetto iNaturalist.

Foto e testo di Marco Rastelli

Ultimo aggiornamento: 20/12/2023 13:42