News del 05/12/2017

IL PETTIROSSO - storie di viaggi brevi e lunghi e di un colore che rosso non è… PARTE SECONDA

Torniamo a parlare del Pettirosso ma questa volta vogliamo raccontarvi una serie di curiosità inerenti a questo simpatico passeriforme che ci accompagna nel periodo autunno-invernale.
Nel folklore di tutta Europa rappresenta la stagione fredda (l’autunno e soprattutto l’inverno) e nella cultura dei popoli nordici il Pettirosso veniva associato al dio Thor. Un mito legato alla culto cristiano invece vuole che il petto aranciato di questo uccellino derivi dal sangue di Gesù Cristo: il Pettirosso, originariamente colorato solo di un mesto marrone, avrebbe tentato di liberare il Cristo dalle spine della corona che cingeva il suo capo e così facendo, rimase macchiato sul petto, assumendo la tipica e appariscente colorazione che tutti ben conosciamo.
Chopin compose il tema principale della “Grande polonaise brillànte”, ispirandosi all’articolato e melodioso canto del Pettirosso.
In tutto il continente europeo poi ci si riferisce a questa specie con appellativi molto simili, in cui compare sempre il termine “rosso”:
Italiano: pettirosso.
spagnolo: petirrojo (rojo – rosso).
Greco: κοκκινολαίμης (κόκκινος – rosso) – (si leggono rispettivamente kokkinolaímis e kokkinos)
Francese: rouge-gorge (rouge – rosso).
Olandese: roodborstje (rood -rosso).
Tedesco: rotkelchen (rot – rosso).
Finlandese: punarinta (punainen – rosso)
Inglese: oggi “robin” ma in passato “robin redbreast” (petto rosso).
È tuttavia ben evidente che il colore in questione non sia affatto rosso bensì arancione! Ma allora quale può essere il motivo di questo diffuso ostracismo nei confronti del suddetto colore a favore del rosso?
Sembra che il colore arancione in Europa fosse poco noto e non distinto chiaramente dal rosso, almeno fino al XVI secolo. Solo con l’importazione prima (XIV secolo in Portogallo) e la coltivazione dell’Arancio nel continente poi, l’arancione venne riconosciuto e distinto come colore a sé stante. Lo stesso termine “arancione” deriva etimologicamente proprio dall’arancia, frutto di origine asiatica fino ad allora quasi del tutto sconosciuto agli europei.

PETTIROSSO AMERICANO
Per i Nordamericani “Robin” è un uccello dal vistoso petto aranciato ma assai diverso dal pettirosso europeo: Si tratta di Turdus migratorius, un Turdide parente del merlo e dei nostri tordi molto appariscente che, come ricorda il nome scientifico, presenta uno spiccato comportamento migratorio. L’attribuzione del nome pettirosso – robin anche a questa specie, ha generato nel tempo una lunghissima sequenza di scambi di identità e di errori grossolani, il più curioso dei quali venne commesso nel celebre film Disney “Mary Poppins” in cui compaiono due uccelli impegnati a nutrire la prole al nido e citati come pettirossi (anche nella versione in lingua inglese) ma che a tutti gli effetti erano due esemplari di Turdus migratorius. Mary Poppins però è ambientato nella Londra di inizio ‘900, quindi i pettirossi in questione sarebbero dovuti essere quelli europei e non il colorato tordo americano!

I PETTIROSSI GIAPPONESI
Anche nel lontano oriente esistono uccelli a cui viene attribuito il nome “pettirosso”:
- Larvivora akahige (Pettirosso giapponese o komadori) un tempo ritenuto un parente asiatico del pettirosso europeo (Erithacus rubecula) ma ora attribuito a un genere completamente diverso (Larvivora) che ha legami più stetti con altre specie tipicamente orientali (pettirosso blu siberiano – Larvivora cyane) piuttosto che con il nostro pettirosso.
- Larvivora komadori (Pettirosso di Ryukyu), specie endemica dell’isola giapponese di Ryukyu il cui nome scientifico ha generato confusione nel tempo con il pettirosso giapponese, noto per l’appunto come “Komadori”. Anche questa specie del Sol Levante venne inizialmente riferita al genere Erithacus ma oggi, accurati studi genetici hanno confutato questa ipotesi.

CURIOSITÀ BRITANNICHE
Il Pettirosso è un animale da sempre presente nella cultura e nel folklore anglosassone. È una delle figure simboliche del Natale, tanto da essere costantemente presente nelle cartoline augurali natalizie. Gli stessi postini che recapitavano la posta nel suddetto periodo venivano chiamati “robin” forse anche per via della vistosa divisa rossa che indossavano (non arancione! la confusione cromatica continua).
Per gli inglesi il pettirosso è poi soprattutto una presenza costante nei giardini delle case ed un elemento irrinunciabile del paesaggio agreste e domestico anglosassone, tanto che nel XIX secolo vennero a più riprese tentate introduzioni massicce di questa specie nelle colonie inglesi in giro per il mondo.
In particolare, i maggiori sforzi si concentrarono in Australia e Nuova Zelanda, dove i coloni tentarono a più riprese di ricreare i paesaggi delle campagne inglesi (di cui evidentemente avevano nostalgia) introducendo specie tipiche delle brughiere inglesi. Nel caso del pettirosso per fortuna, le immissioni furono tutte fallimentari e nessun animale riuscì ad acclimatarsi e riprodursi. Simili e allo stesso modo fallimentari tentativi si tennero negli Stati Uniti (New York nel 1852 e Orengon tra il 1889 e 1892) e nel Canada (Columbia Britannica tra il 1908 e 1910).
Se l’introduzione forzata del Pettirosso non ebbe successo, lo stesso non si può affermare per molte altre specie diffuse nel mondo dall’uomo in questo periodo storico. Ancora oggi, soprattutto in Oceania e in minore misura nel Nordamerica, sono evidenti i danni arrecati da queste attività.
Responsabili di quelle che oggi definiremmo vere e proprie “follie ecologiche” erano le cosiddette “Acclimatisation societies” inglesi (società per l’acclimatazione) o la francese Societé Zoologique d’Acclimatation, associazioni di volenterosi cittadini e notabili del tempo che desideravano, come già citato, ricreare gli ambienti e i paesaggi delle terre natie, introducendo in continenti lontani le piante e gli animali del proprio paese di origine. Allo stesso modo, queste organizzazioni si premuravano di diffondere le specie esotiche utili anche in Europa o nei loro possedimenti coloniali in altri continenti. Lo scopo era quello di massimizzare le produzioni alimentari, in un momento storico di crescita esponenziale della popolazione mondiale e della conseguente crisi economica e produttiva, senza tuttavia considerare gli effetti e i potenziali danni a medio e lungo termine che avrebbero subito gli ecosistemi e le stesse produzioni agricole tradizionali.
Il lavoro delle Acclimatisation societies generò gravi danni alla flora e fauna di molte aree del pianeta. Il disastro ecologico, come già citato, fu particolarmente evidente in Oceania, dove ci si rese presto conto che gli organismi di origine europea stavano soppiantando le forme di vita originarie generando talvolta rapide estinzioni di molte specie australiane e neozelandesi.
Forse è anche per questa ragione che tra i paesi del mondo, proprio l’Australia e la Nuova Zelanda, adottarono già a inizio ‘900 rigidissime normative per la riduzione e il controllo delle “specie esotiche”, ovvero organismi provenienti da altri paesi e che rappresentano potenziali minacce per gli equilibri ecologici locali.
Anche in Italia l’introduzione di organismi esotici ha creato nel tempo grandi problemi sia di ordine ecologico che economico. Nel nostro paese però la sensibilità a questo tema fatica ad affermarsi e anche gli strumenti normativi non sono sempre stati adeguati, in passato, per affrontare efficacemente il problema degli “esotici”, la cui diffusione sul territorio può essere spesso rapida e diventare incontrollabile se non fermata o gestita in tempi opportuni.
Per concludere, la prossima volta che osserverete un Pettirosso, lasciatevi trasportare dalla fantasia, chiudete gli occhi e viaggiate nel tempo e nello spazio (magari stringendo forte un ombrello in una mano e una vecchia borsa di pelle nell’altra), passando dal Canada, agli Stati Uniti, virando poi sul il Giappone per risvegliarvi infine nei panni di un Australiano della meta dell’800, avete un Pettirosso in mano e lo state per liberare…

Buon autunno a voi e ai Pettirossi!


Roberto Ostellino

Saluzzo, 5 dicembre 2017


Fonti
https://en.wikipedia.org/wiki/European_robin
http://www.rspb.org.uk/birds-and-wildlife/bird-and-wildlife-guides/bird-a-z/r/robin/threats.aspx
https://en.wikipedia.org/wiki/Acclimatisation_society
https://www.newscientist.com/article/mg13718574.800-review-moving-tales-of-fauna-and-flora-/
https://en.wikipedia.org/wiki/Japanese_robin
Encyclopedia of Biological Invasions
a cura di Dr. Daniel Simberloff,Dr. Marcel Rejmanek


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