TMT 2015 – Laghi Tour Race - Gli occhi azzurri della Terra.
Si potrebbe anche chiamare così il percorso intermedio che attende gli atleti del TMT, del TourMonviso Race, per la precisione.
Quello che porta ad affrontare in salita il Coulour del Porco per giungere in verticale al Rifugio Giacoletti, da scorgere appena, filando veloci verso il sole, sotto lo sguardo lì arcigno del Monviso.
Una salita strozza gambe, con appena il tempo di accorgersi, dopo un po’ che ci si arrampica nel Coulour, del Sentiero del Postino che conduce, lungo il versante Nord, al Buco di Viso e al Colle delle Traversette.
Sentiero mitico, quello del Postino, da affrontare con rispetto e attenzione, come quando si incontra qualcosa di speciale, di particolare.
Dal Giacoletti la via spiana un po’ per poi scendere decisa.
Lo sguardo ha spazio per gioire d’un immenso spettacolo di pietra.
Le rocce del Monviso, a far triangolo al cielo; quelle cadute nei secoli, ovunque a formare cumuli di fantasia; pietre piccole per alcuni, pietre fini per altri, quasi sabbia, e massi giganti per i più lontani dalla montagna, tanto che se ti ci addentri provi quel che può sentire una formica che va tra grandi sassi.
Ma gli atleti del TMT non hanno tempo per tutto questo.
Anche se di certo un palcoscenico così bello li fa andare più veloci, per giocare col vento, forse per inseguire i sogni.
È il cielo a farla da padrone nello scenario tra il Giacoletti e il Ghincia Pastur che appare lontano verso la pianura, testimoni il Viso e il Viso Mozzo, fratello minore ma certo non meno bello del Gran Signore.
Il cielo con le sue nuvole a scrivere messaggi universali per quanti intendono il linguaggio delle nubi, e lo sanno ascoltare.
Il cielo e i laghi, che quando meno te lo aspetti appaiono, sotto diversa immagine da come li hai sempre visti, a punteggiare d’occhi azzurri la terra che a fine agosto mostra i primi rossi del vicino autunno.
Occhi azzurri della Terra a riflettere luce, a ricamare le chine, a indicare da lontano dove il suolo spiana e dove invece s’erge a rendere difficile il passo.
Il laghi del Monviso sono luoghi piani, di riposo per le acque e per chi vi passa, punti miliari a segnare i percorsi di quella Terra.
Mentre i corridori vanno, sole in faccia a render più difficile la via, il silenzio è turbato soltanto dal rumore delle scarpette sulle pietre, dallo strofinio della sabbia fine appena carezzata dai piedi che sfiorano il suolo, a non fargli male; e dal fiato, dal soffio di fatica e vita, mentre scorre nella mente di chi corre quanto manca e cosa ancora attende.
Soltanto le pernici bianche rompono il silenzio, vicine e invisibili lì accanto. E, più in basso, non lontano dall’ormai prossimo Vallone dei Quarti, le coturnici.
Come fantasmi, come folletti dei sassi e delle praterie brulle, inventati e posti lì per confonderti le idee, per farti impiegare inutilmente tempo a cercarli, questi uccelli che tutto vedono senza farsi scorgere mai.
Come sanno gli atleti del TMT, che forse le pernici nemmeno sentono, e intanto vanno.
Il Lago Superiore è scuro d’acqua fonda. Specchio vanitoso del Monviso.
Il Lausetto invece, quello piccolino e quello grandicello appena separati da un po’ di pietre messe a selciato dalla neve, mostrano più modestia, e colori altri, più verdi, di tanti toni, e bianchi, dei fiori di stoppa delle erbe di ruscello.
Tempo di vederli ruotare attorno a te che corri, i laghetti d’incanto, che di nuovo il sentiero si drizza a rinnovare la fatica per portarti sul crinale; ed ecco il Chiaretto, là in basso, con colori da smentire quel che hai appena visto, per farti credere d’aver sbagliato, d’aver sognato.
Perché il Chiaretto ha colore da Monviso, e soltanto lì lo puoi trovare.
La conca è immensa.
Ben lo sa chi corre.
Col silenzio rotto da rare voci, da avare sillabe del vento, e dalle pietre, smosse dai piedi e dalla montagna che pure un po’ si muove.
Gran salita mentre la terra alle spalle si rivela, a mostrarne altri, di laghi, e la valle tutta.
Il Colle di Viso è nuovamente regno di pietra fitta, d’un grigio però che piace al cuore, perché lassù sei tanto alto da sentirti presso il cielo.
Un sorriso, un battito di ciglia e il Lago Grande è là. Testimone del tempo e di chi passa.
Intanto che la Valle del Varaita s’apre immensa a cambiare lo scenario, tutta coronata di nuvole riunite a concerto e gran consulto per parlare a chi ne intende il linguaggio e le parole.
Ma questa è un’altra storia.
Noi ci fermiamo qui.
(r. ribetto)
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