News del 01/08/2015

TMT 2015 - La Mecca del Pertuis de Viso

A Pian del Re gli atleti giungono in fretta, e nemmeno trafelati, perché ben poco sin lì han percorso di quanto li aspetta.
In compenso sono entrati nel paesaggio, hanno iniziato la corsa avvincente attorno al Monviso, e l’hanno visto farsi vicino, passo dopo passo, a invitarli ad andare.
Luogo mendace Pian del Re, dove la via spiana un attimo, dove ai sassi levigati dal vento e dal tempo si sostituiscono pietre dozzinali di cava a fare strada, adatta più alle ruote che alle scarpette leggere di chi corre e agli scarponi lenti di chi procede, con tempo e sapienza da montagna, con pazienza, a cogliere traguardi lontani.
A Pian del Re il Viso è ormai a lato. Lontano, due grandi massi segnano le sorgenti del Po. Vi passeranno quanti saliranno ai laghi piuttosto che al Colle delle Traversette.
Pian del Re effimero e contradditorio, quasi da saltare nella corsa, eppur importante a dire che anche l’uomo ha spazio, pur se non sempre ne è custode degno.
Tutto il percorso del TMT reca le tracce dell’uomo; di quando non aveva tempo a correre soltanto per gusto, per gioia e per diletto.
Il percorso TMT è percorso umano. Da Pian del Re in poi. Percorso di storia, di ricordi, di radici.
Giungono in fretta gli atleti nella conca delle sorgenti e la superano d’un soffio.
Di slancio.
Quando la luce è sorta da poco, quando il sole indugia ancora dietro la cresta e nell’indugio si fa bello come soltanto al suo nascere sa essere bello.
La via è dritta e sale lesta, fino a una prima gola che chiude l’orizzonte. A preparare sorpresa per gli occhi.
A sinistra verso il lago Superiore e a destra dritti alla Francia, a scoprire cosa si cela dietro la piccola sommità d’erba che sostiene il sentiero.
Al suo nascere qui il sole colora di rosso la terra, la tinge di sfumature e la fa irreale, a stupirti, e devi essere attento per capire che è tutto reale. Il miracolo del sole, permesso quando è tempo dalle nubi, complice il Monviso sovrano che pur lì si nasconde un po’.
Una terra così rossa, con quanto la copre e la fa viva, è davvero speciale. E mentre gli atleti corrono e salgono, il colore corre con loro e dilaga e completa il quadro d’una terra di meraviglia.
Alcuni tornanti del vecchio sentiero militare, altre salite, pareti di roccia lambite e il cielo si avvicina e piano piano anche il fondo del vallone si mostra, e con lui quelli suoi fratelli, verso la valle del Pellice e, all’opposto, verso quella del Varaita.
Lasci lentamente indietro il Viso.
Capita di incontrare figure singolari, silenziose e particolari, in quei luoghi alti di pietra dove la luce gioca a cambiare i colori per farli più belli e confonderti gli occhi. Non le scorgi e non le vedi, da lontano, le trovi innanzi a te, perché appaiono, come fossero sempre state lì ad aspettarti a passare.
Gli stambecchi.
Tanti. Mamme più giovani e più vecchie, e molti figli, più grandicelli e più piccolini; non hanno mai visto la neve, alcuni; curiosi, stupiti, forse seccati d’averti così tanto dovuto aspettare.
È la figura più bella della Terra del Monviso. Li chiamano relitti glaciali, questi animali, ma sono sovrani pure loro, come il Grande Monte.
Una figura animata tra tante pietre.
Come tante altre lo sono state le figure animate, nei secoli, in quei luoghi: umane; così tante che è difficile immaginare. Figure umane che non avevano tempo per correre per diletto, ma che coi loro passi lenti fasciati in scarponi e non scarpette, segnavano la via dell’avvenire.
Terra che guarda lontano quella del Monviso.
Su quei sassi oggi appena sfiorati in velocità dalla suole leste degli atleti, andavano i muli dei mercanti e i mercanti e i loro servitori. Lungo quella via a far commerci lontano, fino al mare, a portare e prendere merci preziose per fare ancora più bella e ricca la loro terra là in basso, che il Monviso vede alto e nell’animo ne è sarà sempre toccata.
La Via del Sale.
Su queste orme vanno i corridori.
Nella luce rossa dell’alba, tra stambecchi stupiti e curiosi, su pietre che ciascuna potrebbe raccontare una storia, la storia di un uomo lì passato e vissuto, che li ha coltivato pensieri e speranze, timori.
Tanto tempo fa. A costruire il suo e nostro domani.
Non sono passi comuni, quelli degli atleti: sono passi nel tempo.
Li puoi scoprire nella tua mente, come puoi scorgervi le carovane di muli, in lunga fila indiana, con le voci in piemontese a incitare gli animali e a incitarsi, a farsi coraggio in quei luoghi dov’è facile immaginare quel che non è; basta un po’ di nebbia, un vento dispettoso a dare un’eco strana, un sasso che cade a incendiare la fantasia e pure le paure, di chi non andava per monti a passeggio ma per lavoro.
Gente ingegnosa, tanto da bucarla, la montagna, con picconi, scalpelli e aceti a rendere arrendevoli le rocce, a rendere più facile il viaggio, per sfidare più a lungo le nevi, per salutare più tardi i fratelli d’oltre cresta.
Fratelli, perché di là la terra di Francia è uguale a questa, e pure le voci, con gli accenti dei dialetti e delle lingue. Piemontese e occitano, francese per i più dotti.
Il Pertuis de Viso, il Buco di Viso, il più antico traforo delle Alpi, fatto per unire due genti uguali d’una stessa terra.
Genti uguali che momenti, e personaggi tristi della storia, hanno diviso, spiegando agli uni quanto fossero malvagi gli altri, inorridendo nella menzogna il Monviso che quei luoghi veglia.
Menzogna tanta da indurre i fratelli a sparare per uccidersi, ad attendersi all’agguato, a chiamarsi nemici.
A costruire luoghi d’offesa anziché di rifugio e sosta, e spargere reticolati al suolo a graffiare le pietre e i piedi e gli zoccoli di chi passa, umani, stambecchi e tutti.
Così come non è difficile immaginare le lunghe carovane di mercanti e muli, così non è difficile sentire i soldati in fila altrettanto lunga cantare: alpini. Col cuore lontano, nelle case là in basso, da dove un tempo la gente che andava in Francia andava in pace.
Come nuovamente oggi.
Il peso e la lezione lunga della storia. Per non dimenticare.
Il significato del sudore di chi fatica e corre il TMT su quei sentieri per un ideale di sport che è di pace. In un’area non contesa ma difesa da due stati. Assieme, in comune, non in guerra. Per ridare a tutto il suo valore, da custodire, da conoscere, da rispettare e tramandare.
Il Vallone delle Traversette con le sue caserme arrese, vinte dalla storia; i suoi fili spinati piatti ma non domati, e l’antico Pertuis sono luoghi di pellegrinaggio.
L’andarci di corsa con fatica e vestiti leggeri belli e colorati è omaggio e tributo alla montagna e alla terra del Monviso; non tutti possono tanto.
Bravi! Atleti del TMT.
Ma andarci è d’obbligo per tutti, col tempo del sole e della luce rossa dell’alba; tra gli stambecchi impertinenti e curiosi. Come si va a una Mecca, una volta almeno.
Per capire da dove vieni e, forse, dov’è bene andare.
(renzo ribetto)


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