News del 22/11/2017

In margine ad un articolo di Piemonte Parchi - Sport e Parchi - Un altro punto di vista

E’ fin troppo facile per un anziano direttore di Parchi, aspirante “contemplativo”, condividere il sacrosanto appello di Toni Farina (http://www.piemonteparchi.it/cms/index.php/altri-argomenti/outdoor/item/2095-sport-estremi-nei-parchi) a rallentare, “anche solo per guardare”.

L’educazione a “rallentare il passo” è – credo – un dovere per chi opera in un parco naturale e, in generale, per chi ha a cuore la crescita della sensibilità ecologica, come autorevolmente ricorda papa Francesco, in apertura della sua “Laudato si’” (I,18).

Ciò detto – e spero praticato - non comprendo perché l’affermazione di tale principio debba comportare la squalifica dell’azione di enti parco come quello del Monviso, che dirigo, laddove promuovono eventi quali il “Tour Monviso Trail” (TMT), manifestazione podistica internazionale che si svolge, ormai da cinque anni, ai piedi del cosiddetto “Re di pietra”.

Non condivido l’affermazione, apparentemente apodittica, per cui l’essere partner di un tale evento sia da considerarsi, per un ente parco, ingiusto, inopportuno, non sostenibile.

E poiché tra le finalità delle aree protette (v. legge “quadro” regionale) c’è proprio quella di “promuovere la fruizione sociale e sostenibile e la diffusione della cultura e dell’educazione ambientale”, una replica pare doverosa.

Non essendo forse il caso di rischiare l’ennesima disquisizione sulle origini ed il portato del concetto di “sostenibilità”, mi soffermerei sull’evidenza della contrapposizione, che l’articolo di Toni propone, tra la lentezza ed il gareggiare, attitudine quest’ultima che connota – credo – ogni pratica sportiva.

Gli è che la lentezza, di per sé, non può essere assolutizzata: se non è giusto promuovere la corsa a piedi, che si dovrebbe dire della bicicletta e dello sci, per esempio, per quanto “compatibili”?

E se il gareggiare fosse, di per sé, incompatibile con la natura di un Parco, qualsiasi pratica sportiva dovrebbe, probabilmente, essere esclusa dal novero delle forme di fruizione “degne” dello stesso: una scelta non so quanto “integralista”, ma certamente poco difendibile nel contesto sociale in cui i Parchi, volenti o nolenti, sono calati.

Senza pensare a quante altre forme di “competizione” dovrebbero essere guardate con sospetto da un gestore di aree protette, a partire da quelle tra naturalisti od operatori culturali.

Non avendo io proposto la co-organizzazione di una manifestazione sportiva (il TMT appunto), ma avendo avuto il compito di metterla in atto, stanti i ruoli e le responsabilità che a ciascuno competono, ritengo che l’Ente Parco del Monviso abbia agito nel rispetto delle proprie finalità, favorendo, oltretutto, la partecipazione della popolazione locale attraverso forme associative (altro compito istituzionale), come raramente in altri casi si verifica.

Il TMT, che – per inciso – integra tre diversi approcci al “podismo” in montagna, due basati sulla corsa ed uno sulla “semplice” escursione, si è sempre rivelato, nelle cinque edizioni sin qui realizzate, una corale e convinta celebrazione dell’incomparabile ambiente del Monviso, prima che una gara.

Senza che per la sua realizzazione – e questo mi sta particolarmente a cuore come direttore di parco - si dovessero giustificare impatti ambientali rilevanti, quando non discutibili sotto il profilo della sostenibilità, come invece si verifica - a volte – per quelle imprese “estreme” che, proprio perché tali, hanno – a mio avviso – un valore educativo assai limitato.

Massimo Grisoli


Saluzzo, 22 novembre 2017


NOTA SULLA PUBBLICAZIONE. Questa news è pubblicata a scopo di archivio, le informazioni riportate sono da considerarsi obsolete. Il testo potrebbe far riferimento ad immagini o allegati al momento non disponibili.