News del 24/01/2018

La storia di Antares, allocco della Val Varaita

Pubblichiamo la storia di Antares, un allocco curato e liberato dai volontari del Centro Recupero Animali Selvatici di Bernezzo

Erano trascorsi giorni, forse settimane, da quando aveva avuto l’incidente e perso la libertà, ma ancora adesso Antares, uno splendido maschio di Allocco, non aveva le idee ben chiare sull’accaduto.
L’ultimo ricordo nitido si era fermato a quella sera d’autunno nei boschi della bassa valle Varaita: un forte vento caldo soffiava implacabile da sud e con lui le fiamme che divoravano alberi e sottobosco che da tempo si erano arresi alla lunga siccità.

Antares sentiva I morsi della fame, gli abitanti del bosco avevano lasciato nidi e tane per rifugiarsi in luoghi più sicuri, ma lui no: da secoli i suoi antenati abitavano quei luoghi meravigliosi e lui non li avrebbe mai abbandonati, neppure adesso che il cibo scarseggiava.
“ E’ meglio cercare un altro territorio di caccia” pensò il rapace mentre, dall’alto di una conifera, osservava la pianura immersa nell’oscurità: solo poche luci illuminavano piccole borgate in netto contrasto con il bagliore sinistro dei fronti di fuoco intorno a lui.
L’allocco planò silenzioso verso la nuova zona da esplorare, ma dopo qualche minuto accadde qualcosa di imprevisto: mentre sorvolava a bassa quota la campagna alla ricerca del luogo propizio per appostarsi, luci improvvise lo abbagliarono seguite da un poderoso spostamento d’aria che lo fece cadere rovinosamente a terra.
L'uccello ferito riprese conoscenza giusto in tempo per scorgere un umano che si avvicinava minaccioso, una specie da evitare assolutamente, come gli avevano più volte ripetuto i genitori durante l'addestramento: “Sono un rapace possente, pensò Antares, ho becco ed artigli affilati e venderò care le piume!”.
Ma, improvvisamente, una coperta lo immobilizzò prima di dargli il tempo di reagire poi, quando rivide la luce, la vista e l’odore di altri umani provocarono in lui un misto di terrore e nausea: il povero animale era paralizzato dalla paura di quelle sagome enormi che lo stavano afferrando.

Antares era stato portato al Centro Recupero Animali Selvatici di Bernezzo.
Giorno dopo giorno, però, l'allocco mutò il suo terrore iniziale verso quegli esseri in diffidenza: quelle mani che inizialmente lo avevano palpato ovunque con movimenti decisi ma mai violenti, adesso lo imboccavano per aiutarlo a riprendere le forze ed il tono sommesso delle voci gli infondevano coraggio.
“Non si sta poi cosi male qui al CRAS”, si scoprì a pensare un giorno, provando quasi un senso di colpa..: “ma devo assolutamente riconquistare la libertà ed i miei boschi” aggiunse, poi, con fierezza.
Così, alla prima occasione spiccò un volo fuori dalla gabbia: non fece molta strada, in verità, ed il suo tentativo svanì rapidamente di fronte alle porte chiuse della sala ricoveri.
Stranamente però, gli umani non si erano arrabbiati per quel suo maldestro tentativo di fuga, anzi era pronto a giurare che se ne fossero rallegrati…: ”Strani tipi I miei carcerieri…” pensò perplesso.

Poi, quella sera, l’incubo era ricominciato: le stesse mani che aveva imparato a conoscere durante I pasti, adesso lo avevano infilato in una scatola e lui era di nuovo terrorizzato per l’incerto destino che lo aspettava…
Aveva viaggiato per un pò di tempo su di un’ auto (“come quella che mi ha colpito” aveva pensato con apprensione…), poi, improvvisamente, il silenzio intorno a lui, mentre il portellone veniva aperto dall’esterno.
Adesso sentiva solo il respiro regolare dell’umano che saliva lungo il sentiero tenendo con cura la scatola dove lui si trovava rinchiuso. Ma c’era anche qualcos’altro che entrava dai buchi della sua nuova prigione: il crepitio della neve calpestata e l’odore di muschio…odore di casa…
Il rapace non fece in tempo a finire I suoi pensieri che la scatola venne riaperta: era notte ma una luce, anche se debole, lo abbagliò per un istante, poi, dopo pochi secondi, si spense…
Adesso finalmente ci vedeva e l’ombra dell’umano accanto a lui non lo spaventava più: l’allocco dischiuse leggermente le ali facendosi accarezzare dalla dolce brezza notturna, poi, lo scricchiolio familiare dei rami di pino portato dal vento lo risvegliò da quel torpore infarcito di benessere.
Ma non era solo quel rumore ad averlo scosso: una mano lo stava accarezzando dolcemente, prima sul capo e poi sul petto.
“Questo è davvero troppo” pensò Antares, ruotando il capo di 180 gradi per sottrarsi a quel gesto inaspettato.

In quell’istante i suoi occhi la videro: la costellazione di Orione stava sorgendo giù a sud ed una falce di luna illuminava il bosco.
I ricordi delle notti di caccia adesso erano vividi in lui mentre le dita dell'uomo si erano spostate sulle sue zampe con piccoli colpetti che lo invitavano ad alzarsi in volo: ma Antares non ne aveva più bisogno, ora lui ricordava tutto e con un battito d'ali si alzò e planò silenzioso sul bosco sottostante.

L'uomo si asciugò furtivo una lacrima di gioia prima di riprendere il sentiero del ritorno alla ricerca di campo per il suo cellulare, ansioso di raccontare agli amici del Centro Recupero i particolari della liberazione, perchè ogni volta che un animale riacquista la libertà è una festa per tutti!
Buona vita, amico mio, vola sicuro sulle ali della notte che quassù profuma di resina e muschio e la luce delle stelle ti guidi sulle invisibili rotte del cielo che già i tuoi avi solcarono tanti anni fa.

Un volontario.


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