47 - Quella bicicletta la portai io sul Monviso, ma non lo ripeterei

Il "giallo dell'estate 2020" ha trovato una prima, e vedremo poi, parziale risposta grazie al giornalista Devis Rosso de "La Stampa" che ha raccolto il racconto della guida emerita Clemente Berardo che racconta la goliardata fatta nel 1954, o giù di lì, portando una bicicletta in cima del Monviso.
Successive testimonianze hanno permesso di stabilire che la bicicletta fotografata da Giovanni Giustetto arrivò sul Viso nel 1962, come si può leggere nell'emozione successiva.

Clemente "Mente" Berardo, guida alpina di Manta, ha 84 anni. E' salito sul Monviso 407 volte, l'ultima (almeno finora), lo scorso anno. Conosce ogni passaggio e ogni segreto del Re di Pietra, ma non conosceva il luogo esatto del ritrovamento del telaio della bicicletta arancione, quello fotografato dall'alpinista Giovanni Giustetto di Villafranca lungo la parete Est, a circa 3500 metri di quota. "Davvero si trova lì?" - dice - "E come ha fatto a finire in quel posto? Sono passato tante volte e non l'ho mai visto".
Tra lo stupore e la sorpresa Berardo svela che fu lui a portare quella bicicletta sul Monviso, nel lontano 1954. E non poteva essere altrimenti. Una storia a metà tra leggenda e mistero non poteva che avere come protagonista un'icona della montagna simbolo del Piemonte. "Avevamo appena finito il servizio militare" - racconta - "e volevamo diventare guide alpine. La montagna la conoscevamo bene e progettavamo un delle nostre tante imprese, un po' folli e un po' goliardiche. Eravamo in quattro: oltre a me, tre amici di cui non voglio rivelare i nomi, di Saluzzo, Verzuolo e Villanovetta. Eravamo indecisi se scalare il Monviso "a spirale", toccando tutte e quattro le pareti, oppure salirci in bicicletta. Optammo per la seconda".
La bici non fu scelta a caso, ne venne presa una già vecchia, arrugginita: era già deciso che sarebbe rimasta là, in punta al Viso, a testimoniare l'impresa. "Pedalammo a turno e spingemmo la bici fino a Pian del Re, poi la portammo a spalle verso il Sella e su, lungo la Normale. Eravamo giovani e forti, arrivammo in vetta con il nostro trofeo, che appoggiammo alle rocce e lasciammo lì."
Berardo divenne guida e iniziò a scalare il Monviso decine di volte: "La bici rimase poco tempo ai 3841 metri della sommità. Qualche anno dopo, forse per una slavina, cadde lungo la Nord-Est. Venne recuperata e riportata in cima, prima di finire giù dalla Est. Sparirono pedali, manubrio, ruote, restò solo il telaio. Poi dagli anni '60 non la vidi più, ma ogni tanto qualche alpinista mi racconta di averla incontrata.
E' stata una bravata, oggi sono un po' pentito di averlo fatto e di aver lasciato un rottame su quella montagna. Se mi verrà chiesto dal Parco, non esisterò a trovare qualche alpinista che provveda alla rimozione del pezzo di ferro. Il Monviso è montagna per pietre, aquile e camosci, non per vecchie biciclette".



Tratto dall'articolo di Devis Rosso, pubblicato su La Stampa il 22 Agosto 2020

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Ultimo aggiornamento: 25/09/2020 12:35