45 - Una bicicletta sul Monviso

Quando la incontrammo salendo la cresta est del Monviso, Domenico ed io ci interrogammo sul livello del nostro affaticamento. Solitamente l’eccesso di fatica provoca visioni più mistiche tipo la “Madonna” in atteggiamento sorridente ed accogliente. Mai avremmo pensato ad un semplice telaio di bicicletta fermo li, tra le rocce, a circa 3300 metri di quota. Neppure l’abuso di alcool poteva essere la causa…Domenico non aveva bevuto ed io sono, notoriamente e colpevolmente, del tutto astemio. Era, forse, il 2003 ed il cellulare, almeno il mio, serviva solo per telefonare e non per realizzare filmati o fotografie.
Della cosa non ne facemmo cenno con alcuno considerandola poco credibile da coloro che non ne fossero stati testimoni oculari.
La curiosità però rimase e così, successivamente, mi rivolsi rispettosamente a Hervè Tranchero. Lui, il Monviso in persona, avrebbe potuto aiutarmi a capire. E così fui confortato sui miei precari equilibri mentali!
Il telaio di bicicletta, depurato da manubrio e pedali e finanche un po’ arrugginito esiste davvero!!!
E’ li che vaga per il monte, area cresta est del Monviso, circa quota 3300/3400 metri, sballottato qua e la dal vento quasi aliseo di quelle quote.

La sua storia, però, è molto tragica e triste: alla base di tutto c’era una gita sul Monviso organizzata, forse, dal Cai di Savigliano, negli anni ’60. Una parte degli alpinisti optò per la cresta Est mentre il gruppo più numeroso salì la via Sud, detta la via normale. Questi ultimi come atto di goliardia decisero di portare, debitamente smontata, una bicicletta sulla vetta del Monviso e sancire l’impresa con la classica foto ricordo. La salita fu funestata da un incidente occorso ad una componente della cordata della cresta Est proprio verso i 3300 metri di quota. Uno dei componenti della cordata raggiunse il gruppo che stava salendo la Sud, si presume attraverso la “Via della Lepre” nel quale era presente un medico. Quest’ultimo decise di trasportare il telaio per avere un supporto nel caso in cui si dovesse trasportare la persona ferita. Purtroppo l’incidente si risolse tragicamente e la salma fu recuperata dallo stesso Hervè con apposita attrezzatura utilizzata in quei tempi quando ancora non erano disponibili gli elicotteri.
La bicicletta è rimasta li, a vagare nel vento a testimonianza di quella tragedia che è ricordata anche da una piccola lapide collocata sul luogo dell’incidente.

Carlo Degiovanni

Ultimo aggiornamento: 25/09/2020 12:35